Cosa è la spalla congelata? La spalla congelata, chiamata anche Frozen Shoulder o capsulite adesiva è una patologia infiammatoria che colpisce la capsula articolare ovvero la struttura fibrosa che delimita e contiene l’articolazione gleno omerale (spalla). L’infiammazione provoca la comparsa di aderenze responsabili della perdita della mobilità articolare. La malattia colpisce prevalentemente nell’arco di età che va dai 40 ai 60 anni ed è più frequente nelle donne che negli uomini, fra i fattori predisponenti ci sono il diabete, la malattia di Parkinson, le disfunzioni tiroidee ed i pregressi traumi alla spalla. La capsulite adesiva è comunque considerata una patologia idiopatica ovvero una malattia di cui non si conosce la causa. L’esordio della malattia può avvenire con un dolore improvviso, di solito a seguito di un movimento ampio, che va poi peggiorando nell’arco dei giorni, segue la diminuzione del movimento passivo. Il dolore è molto fastidioso e di solito è localizzato nella parte superiore dell’articolazione, sul lato esterno, sebbene possa facilmente irradiarsi anche al braccio. Quali sono i sintomi della spalla congelata? La spalla congelata solitamente segue un decorso che si può riassumere in tre fasi: 1) la fase detta di “raffreddamento”, durante la quale la spalla perde progressivamente mobilità ed il dolore aumenta. Può durare da sei settimane a nove mesi; 2) la fase detta “congelamento”, durante la quale il dolore migliora leggermente ma la rigidità articolare è al massimo. Il raggio dei movimenti possibili è minimo e in genere si verifica dai quattro ai nove mesi; 3) la fase detta di “disgelo”, dalla durata molto variabile (fino a due anni), durante la quale il dolore e la rigidità dell’articolazione si risolvono lentamente. La diagnosi di spalla congelata o capsulite adesiva: La diagnosi è clinica, il riscontro di dolore alla spalla ed al terzo superiore del braccio associato ad una limitazione funzionale, sia attiva che passiva, che può essere quasi completa, in assenza di traumi significativi sono fortemente indicativi di capsulite adesiva. Gli esami strumentali quali ecografia, risonanza magnetica e radiografia servono ad escludere altre patologie quali ad esempio una lesione della cuffia dei rotatori. Trattamento e cura della spalla congelata: Il trattamento della spalla dolorosa si pone come obiettivi principali la riduzione del dolore ed il riacquisto della mobilità perduta. Spesso il paziente trova sollievo e percepisce dei chiari miglioramenti dopo qualche settimana, semplicemente seguendo questi consigli. – Calore: può contribuire ad allentare il blocco articolare grazie all’aumentata vasodilatazione locale ed alla riduzione della contrazione dei muscoli della spalla. Particolarmente utile risulta l’applicazione di calore umido dieci minuti prima di iniziare gli esercizi di allungamento. – Fra le terapie fisiche risultano utili quelle in grado di aumentare il calore e la vascolarizzazione locale come la Tecarterapia e l’Ipertermia. – Il controllo del dolore può essere ottenuto con l’assunzione orale di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, come ad esempio l’Ibuprofene) anche in associazione con il Paracetamolo. – Qualora questi trattamenti non portino benefici, il dolore e l’infiammazione possono essere ridotti con l’iniziezione intrarticolare di farmaci cortisonici. – Medicina complementare: Osteopatia e Agopuntura, se eseguite da mani esperte, possono senz’altro apportare considerevoli benefici minimizzando il rischio di effetti collaterali. – Approcci successivi e, senza dubbio, più invasivi sono lo sblocco in narcosi e l’intervento chirurgico. Nello sblocco in narcosi il paziente viene sedato e la spalla mobilizzata vigorosamente, questa metodica trova sempre meno applicazione per via delle possibili complicanze quali lesioni delle strutture articolari. L’intervento chirurgico, che viene eseguito in artroscopia, ha lo scopo di lisare le aderenze e deve comunque essere eseguito da un trattamento riabilitativo. Una volta superata la fase del dolore acuto, l’obiettivo riabilitativo è quello di recuperare la completa mobilità articolare. Per questo motivo devono essere eseguiti più volte al giorno esercizi di allungamento e mobilizzazione, molto spesso però il paziente non è in grado di svolgere questi esercizi in maniera autonoma perchè il blocco della articolazione non lo consente. In questi casi è necessario affidarsi ad un fisioterapista che seguirà il paziente nella ginnastica passiva ed indicherà gli esercizi di mantenimento da eseguire a domicilio. La seduta di kinesiterapia può essere anticipata dalla infiltrazione intra e periarticolare di anestetico locale in modo da ridurre al minimo il disagio percepito dal paziente. Durante tutto il periodo riabilitativo andranno evitati movimenti bruschi ed impegnativi come il sollevamento di carichi pesanti con il braccio dolente. Solitamente la fase gelida è la meno sensibile ai trattamenti, perciò il persistere di dolore e ridotta mobilità in questa fase, non deve demoralizzare il paziente che anzi, deve continuare e persistere con le terapie intraprese. Nel secondo periodo, caratterizzato da maggiore instabilità, la terapia fisica è fondamentale.
Sin dai tempi antichi, ci si curava con quello che la natura era in grado di offrire, spesso in abbondanza e senza alcun costo, e lo sapevano bene i nostri nonni. Infatti quando si parla di rimedi naturali viene spontaneo pensare subito ai rimedi di una volta, al “latte caldo e miele” che la nostra nonna da piccoli ci proponeva prima di andare a letto per sconfiggere la tosse.
La Natura è in grado di offrirci senza alcun dubbio una soluzione pratica, economica ed efficace per i principali disturbi, sia per i malanni di stagione come raffreddore, mal di gola, tosse, catarro, influenza, sia per fastidi più comuni quali cattiva digestione, crampi, mal di testa, dolori reumatici, mal di denti, scottature e punture di insetti, fino ad arrivare alle cosiddette patologie ‘psicosomatiche’ – stitichezza e insonnia, – spesso legate allo stress e ai frenetici stili di vita.
Tutto ciò però non vuol dire sposare la filosofia del “fai da te”, è sempre comunque preferibile rivolgersi al proprio medico sia per una corretta diagnosi sia per evitare di sottovalutare sintomi che alcune volte rappresentano il campanello d’allarme di patologie più importanti.